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Nel 1965, l'Europa visse uno dei momenti più difficili della sua storia recente e, proprio mentre nel secondo semestre di quell'anno l'Italia reggeva la Presidenza di turno delle Comunità, il processo d'integrazione europea rischiò di arenarsi. Fu la cosiddetta crisi della sedia vuota, causata dalla decisione del presidente francese Charles de Gaulle di ritirare i rappresentanti della Francia dai principali organi comunitari in reazione ad alcune proposte della Commissione Europea, presieduta da Walter Hallstein, volte a sviluppare ulteriormente il processo di integrazione tra i sei Paesi fondatori delle Comunità Europee, ma soprattutto determinata dalla volontà della Francia di bloccare l'introduzione della regola della votazione a maggioranza in seno al Consiglio dei Ministri, prevista dal Trattato di Roma per il 1° Gennaio 1966. Invero, la crisi mise in luce la contrapposizione tra due diverse visioni dell'integrazione europea, quella sovrannazionale e quella della cooperazione intergovernativa. Nel Gennaio del 1966, dopo lunghe e difficili trattative che videro l'Italia impegnata in un ruolo di mediazione, nonostante alcuni problemi politici interni, le delegazioni dei sei Stati membri, riunitesi a Lussemburgo, raggiunsero il cosiddetto Compromesso di Lussemburgo. Da tali accordi, secondo alcuni, scaturì un diritto di veto che mutò i rapporti fra i sei Stati membri delle Comunità e rallentò notevolmente il processo decisionale nelle Comunità Europee.